Bologna, l’architetto che ha inventato i cubi: “Li rifarei uguali, aspettate a giudicarli”

Architetto Marco Ferrari, il “papà” dei famigerati cubi, come se la passa in questi giorni?
“Mi fischiano parecchio le orecchie, ma bene. Sono molto sorpreso dall’asprezza delle polemiche per un progetto che ormai gira da due anni”.

Be’, i cittadini protestano quando ci sbattono contro.
“Sì, ma mi si sono scagliati addosso anche molti addetti ai lavori che già lo conoscevano”.

E?
“E mi spiace solo che al di là dell’aspetto estetico non si sia colto quello fondamentale di riqualificazione urbana. Quello spazio in piazza di Porta Ravegnana era un orinatoio, nessuno ci si fermava, tutti giravano largo. E così alla Mercanzia, quel triangolo era un parcheggio selvaggio. Dopo due ore che erano stati messi i cubi c’era già la gente seduta, l’obiettivo è raggiunto”.

Allora sarebbe stato raggiunto anche mettendo delle cassette di frutta.
“Il mio criterio, prima di fare un progetto, è capire come la gente usa quello spazio. Lì vedevi i turisti col naso all’insù rischiare di finire sotto il bus in mezzo alla strada. Ora c’è un salottino”.

Obiezione popolare: non c’entrano nulla, sono irrispettosi, se non addirittura deturpanti, del cuore della città.
“Era l’arredo più rispettoso e neutro possibile. Bologna è di pietra, i cubi sono in pietra serena bolognese (anche se questi vengono dall’India perché le cave in Italia son tutte chiuse), richiamano i ruderi. Il disegno dall’alto richiama l’ordine classico del decumano. Avrei potuto mettere panchine come quelle di piazza Minghetti ma avrebbero “gridato”, sarebbero diventate troppo importanti. I cubi erano la cosa meno invasiva, più pulita e anonima immaginabile”.

Non si rimprovera nulla?
“Di non averle recintate come un cantiere prima che fossero pronte. Ora verranno coperte le sedute in legno, verranno messi i pannelli sui leggii”.

Sono scomodi e freddi.
“L’alternativa erano i gradini di San Bartolomeo, prima… Alcune sedute, per gli anziani, hanno lo schienale”.

Altra critica: sono un ricettacolo di monnezza.
“Le ho viste anche io le foto dei rifiuti. Ma sull’inciviltà mica posso farci niente. Hera avrà un’attenzione particolare, valuteremo se aggiungere bidoni”.

Dice il sindaco che forse c’è qualche cubo di troppo.
“E lo leveremo. Io a metterli ci ho messo un giorno e a toglierne uno ci vuole mezz’ora per una spesa di 70 euro”.

C’è una petizione per rimuoverli tutti, mica qualcuno.
“La decisione non spetta a me. Io però se devo ripensare quegli spazi. li ripenso uguali”.

Quanto sono costati i cubi?
“Mi pare 25-30 mila euro in totale. Non dico il costo di un divano, ma insomma…”.

Ne avesse avuti 100 mila?
“Li avrei fatti uguali”.

La sua mano è presente in tutti i lavori in corso a Bologna da anni: le imputano una mancanza di visione. Qual è la sua idea di città?
“Il mio criterio è individuare di ogni spazio le esigenze e agire di conseguenza. Se mi si dice che manca un disegno generale, non capisco. Se mi si dice che a volte è meglio il vuoto del pieno, sono d’accordo. Ma quell’angolo sotto le due torri non era un vuoto importante, era un orinatoio. Quando ho fatto l’area del pozzo nel cortile del palazzo comunale c’è stata una polemica feroce quanto questa, e ora è uno degli spazi più frequentati. Così per via Azzogardino e per le fioriere di via Orefici: mi linciarono, e ora mi lincerebbero se le levassi”.

Quindi è abituato.
“Bologna è così: fai o non fai, l’importante è criticare. Per me il fallimento è quando uno spazio pubblico non viene usato. Aspettiamo cinque mesi e vediamo. Secondo me non li noterà più nessuno quei cubi”.

I bolognesi digeriscono anche anche la pietra serena.
“Le critiche ci stanno. Non mi sento né in colpa né colpito”.

E dove colpirà ancora?
“I prossimi interventi grossi sono in piazza Malpighi e San Francesco, un lavoro da 1,6 milioni. Se per questi quattro cubi è successo ‘sto finimondo, lì scorrerà il sangue…”.

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