Un giardino (troppo) segreto Gli orti dimenticati di via Orfeo

BOLOGNA — Domenica prossima un angolo di campagna farà la sua comparsa in centro storico. O meglio, la sua ricomparsa, dato che fino a dieci anni fa i cittadini potevano liberamente attraversarlo, ammirarlo e goderlo. Siamo nei seicenteschi Orti di via Orfeo: un gioiello naturale preservato per secoli, l’ultimo orto conventuale di origine medievale sopravvissuto al cemento (oltre al Corpus Domini di via Tagliapietre), dove resiste un delicato microclima, un unicum arricchito da un vecchio pozzo funzionante e una peschiera a mandorla irregolare del ‘700, fantastica oasi rurale inserita nel tessuto urbano. Spazio visitabile domenica mattina durante la manifestazione Diverdeinverde. L’accesso, però, non è dal grande portone di legno di via Orfeo, sbarrato dal 2003, ma da via della Braina 11, l’ingresso del Pio Istituto delle Sordomute Povere, proprietario dell’orto.

RICOMPARSA — Dicevamo «ricomparsa»; sì perché per quasi 50 anni questa fantastica enclave ecologica è stata vissuta, e rispettata, anche dai residenti di via Orfeo grazie alla presenza del vivaista Boschi che, in affitto dall’Istituto dal 1965, oltre a curare l’orto lo teneva aperto per i cittadini. Felice relazione bruscamente interrotta nel 2003 dopo una furente battaglia fra i residenti e la proprietà che proprio lì voleva costruire un parcheggio interrato per oltre 150 posti auto. Tremila firme raccolte «contro», la bocciatura della Commissione edilizia, il progetto che naufraga, il vivaista sfrattato, il portone chiuso per sempre, il verde che «scompare». Eppure ormai il Pio Istituto non ha più né suorine né piccole e povere sordomute: i 1.500 mq dello stabile sono vuoti e il giardino inutilizzato. «Se l’orto è così bello ed è stato preservato l’ecosistema è anche perché non viene attraversato da nessuno. Un tempo c’era il vivaista, oggi no: non possiamo tenerlo aperto», dice il vicepresidente della Fondazione che gestisce l’Istituto, Massimiliano Rusconi. E se arriva un nuovo vivaista o se un’associazione di cittadini (vedi quella del Giardino del Guasto) si propone di curarlo e tenerlo aperto l’Istituto sarebbe disponibile al dialogo? «Possiamo parlarne, certo». Stesso discorso sull’immobile. Un asilo o una scuola qui sarebbero perfetti (piuttosto che nell’ex centro giovanile dei Giardini Margherita, chiuso da 6 anni, ndr) «Abbiamo ospitato per tre anni le scuole Cerreta, ma dopo nessuno, neppure il Quartiere, ci ha chiesto niente: noi aspettiamo e intanto portiamo avanti le nostre attività di sostengo ai sordomuti».

EVENTI RARI — Insomma, Istituto quasi del tutto inutilizzato e orto off limits. Tranne in rari casi come per le cene del ristorante Scaccomatto (su prenotazione 051-263404 martedì e giovedì ed eccezionalmente domenica prossima a pranzo), allestite per finanziare un progetto di recupero della sordità nella prima infanzia avviato con l’Ausl. Idem, oggi e domani, con un mercato di artigianato allestito per sovvenzionare un altro progetto di sostegno per studenti sordi con la scuola Taddia di Cento, «a cui distribuiremo dei tablet». Domenica, dunque, l’apertura alla città dell’orto per un giorno. Per gli altri 364 serve «solo» una proposta di gestione: l’Istituto, dopo anni di triste chiusura, pare disponibile a prenderla in considerazione.

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