IL CLAN

Martedì 20 giugno 2017 21.45

Piazza Maggiore

Regia e sceneggiatura: Pablo Trapero. Fotografia: Julián Apeztegui. Montaggio: Pablo Trapero, Alejandro Carrillo Penovi. Scenografia: Sebastián Orgambide. Musica: Vicente D’Elia. Interpreti: Guillermo Francella (Arquímedes Puccio), Peter Lanzani (Alejandro Puccio), Lili Popovich (Epifanía Puccio), Gastón Cocchiarale (Daniel ‘Maguila’ Puccio), Giselle Motta (Silvia Puccio), Franco Masini (Guillermo Puccio), Antonia Bengoechea (Adriana Puccio), Stefania Koessl (Mónica). Produzione: Hugo Sigman, Matías Mosteirín, Agustín Almodóvar, Pedro Almodóvar, Esther García per Kramer & Sigman Films, Matanza Cine, El Deseo. Durata: 108′
Versione originale con sottotitoli italiani

Introduce il regista Pablo Trapero

Ambientato negli anni Ottanta a Buenos Aires, il film ricostruisce le imprese criminali (e reali) di Arquímedes Puccio, che faceva quadrare il bilancio di casa rapendo persone a scopo di riscatto. Un’attività di cui erano a conoscenza tutti i membri della famiglia e che però sembrava non preoccuparli più di tanto: la madre preparava il cibo per il prigioniero di turno, il figlio maggiore (campione ammirato di rugby) partecipava anche ai sequestri, quello minore fuggiva all’estero per paura delle conseguenze ma poi tornava e si trasformava in parte attiva e le due figlie al massimo sembravano scosse dai lamenti che arrivavano dalla prigione in cantina… Più che l’attività criminale, sconvolge nel film l’immoralità condivisa, l’incapacità di giudicare quello che accade davanti ai propri occhi, i riti familiari – la preghiera prima del pranzo, i compiti di scuola fatti assieme, le tranquille serate davanti al televisore – tipici delle famiglie piccolo borghesi. Un quadro perfetto di tranquillità e serenità che diventa agghiacciante riflesso della situazione nazionale di cui il film lascia trapelare alcuni significativi indizi: il disprezzo per le regole della democrazia, la corruzione fatta di favori e ricatti, il silenzio diffuso di chi non vuole aprire gli occhi. E così il ‘clan’ della famiglia Puccio diventa quello dell’Argentina intera negli anni che seguirono la dittatura dei generali, quando la paura, i compromessi e pressioni di ogni tipo chiudevano ancora gli occhi e la bocca a tanti.

(Paolo Mereghetti)

 

Il potere criminale di Arquímedes Puccio ha attraversato decine di anni, ma non esiste una documentazione accurata degli eventi, non c’è materiale ufficiale, la ricerca ha richiesto molto tempo, ho trovato cronache sporadiche. Nessuno dei Puccio ha accettato di parlare, l’aiuto più prezioso l’ho avuto dai vicini di casa che furono testimoni ai processi e soprattutto dai famigliari delle vittime. Molti di loro erano in sala la sera della prima, e la loro commozione mi ha fatto sentire di aver fatto un film necessario.Non bisogna idealizzare la borghesia, solo apparentemente i Puccio sono una famiglia normale, in realtà sono fuori dalla norma. Con il film abbiamo scavato dietro la facciata. Arquímedes non è un pazzo che decide di rapire le persone dal nulla, è un prodotto del suo tempo, il clan Puccio non sarebbe esistito senza la dittatura militare. Tutto è stato possibile grazie alla protezione dei vertici del regime, in un continuo scambio di favori. Non a caso nei rapimenti usavano gli stessi metodi, la stessa violenza.

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